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sabato 29 dicembre 2012

Le birbe.

Il treno passava veloce in barba alla piccola stazione chiusa. Era rimasta solamente la casa cantoniera  e il passaggio a livello che rimaneva chiuso sempre per troppo tempo. Ma vi erano dei ricordi che la furia del progresso non avrebbe mai cancellato. Ricordi di birbe, sempre in pericolo. Birbe che, appena in possesso di qualche spicciolo, andavano a comprare dei chiodi. Li poggiavano sulle rotaie per farsi dei coltellini. Ma erano più quelli che venivano sparati via come missili, di quelli che il treno riusciva a forgiare. Birbe che in bicicletta affiancavano le rotaie e correvano incontro al treno e la sfida era rimanere in piedi e non giù, nel fossato. Pazzi eroi di un tempo. Si direbbero disadattati di oggi. Perché oggi, non ci sono più giochi da fare. Ci sono solo freddo e solitudine. Porte chiuse e bocche tappate. Le birbe non esistono più, si sono estinte per lasciare spazio a bambini tutti uguali, tutti con gli stessi desideri e voglie. E se una birba, qualche volta, sbuca fuori, viene rinchiusa dentro quattro mura a giocare al calduccio della stanza dei giochi.






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E nessuno saprà mai...

Si vive soli, perennemente a contatto con se stessi, con i propri rimurginamenti. Agli amici si dà un po' di superficie, la sabbia che sposta una folata di vento. Tutto quello che c'è sotto è intimo, privato. E' da nascondere come il gioiello più prezioso del mondo. A volte non scavi più nemmeno tu, tanto è sedimentata la sabbia e dura, o forse non vuoi scavare, perché percepisci quel senso di pericolo che solo i ricordi dolorosi ti possono offrire. E rimandi ad un tempo più propizio che sai già che non arriverà mai. Si vive soli custodendo gelosamente i ricordi. Quelli belli e anche quelli meno belli. Li conosci bene tutti, anche se li hai ricacciati, quasi disconosciuti perché hai vissuto tanto e tanto hai sepolto. Racconti sempre le stesse avventure, come un disco a cui si è rovinata una traccia e la puntina non riesce più a leggere oltre. Ricordi malnutriti che non prenderanno altri colori se non quelli grigi, sbiaditi.
Costa tanto riporre i sogni, i ricordi, le speranze, ma da soli non vi è motivo di coltivarli. E nessuno saprà mai...







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Le nonne.

Lo sentivi, di notte, il ticchettio della pioggia sulle tegole e prima di addormentarti, ti vedevi in un rigoglioso campo stesa sull'erba e ogni goccia ti baciava il viso e il corpo. Gli spifferi che sentivi nelle ossa diventavano un vento impetuoso che faceva danzare i fili d'erba in ordine, come ballerini su un palcoscenico. L'angoscia, che non conoscevi, perché eri troppo piccola per carpirne il significato, la chiamavi paura. Forse era l'uomo nero o gli indiani. Ma su quell'angoscia, ancora prematura, c'era la tua nonna a vegliare. E quando ti sentiva rigirare nel letto, ti baciava sulla fronte e ti diceva di non avere mai paura. Allora ti impossessavi della sua mano e la tenevi stretta fino alla mattina. Quando ancora credevi di essere protetta, ti svegliavi sola ma lei c'era, pronta con la colazione, ristoro di grandi e piccini, diceva. E ridevi, perché la tua nonna ti faceva tanto ridere. Le nonne sono i primi amori. I primi candidi amori, ai quali non si riesce a rinunciare, per nulla al mondo. Perché si sa, le mani di una nonna sono magiche, sanno fare tutto. Ti accompagnano finché possono e quando sono troppo stanche ti donano alla vita, sicure dei tuoi successi.






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giovedì 27 dicembre 2012

Gli era bastato un ultimo suono.

Canto per passione, la voce un po' bassa, per il fumo, dà connotazioni da blues a questa e quella canzone. Il ritmo non manca, piace sentire che il corpo va. I movimenti ritmati sono sinuosi e sensuali, nulla di meglio da accompagnare ad una voce così. E' una di quelle voci che danno i brividi, che fanno sempre temere il peggio, ma che si alzano di qualche tono senza stonare. E canto con gli amici, con i pochi rimasti che hanno la stessa passione per la musica, quella del cuore, che fa pensare, sognare. Anche Angela cantava con noi, la sua voce era forse la più bella, ma poi non ebbe più tempo e rimase anni senza più essere nostra compagna di serate imbastite un po' così. Ma tornò. Tornò dopo anni e dopo anni ancora sapemmo che era stata con un suo amore, in giro per il mondo, a cantare. Era tutta la sua vita, viaggiavano come dei pazzi da un capo all'altro del mondo finché lui non si stancò. Si stancò della vita. Lei lo trovò in un bosco, in mano non aveva la sua chitarra, ma un fucile. Gli era bastato un ultimo suono. E Angela non cantò più.





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E rimani.

Datti a piccole dosi. Non esagerare mai. Fai spizzicare agli altri. Non proporre la tua spiritualità come fosse di natura effimera. Trincerati dietro lunghi silenzi carichi di timore e da questa paura nasconditi. Sai che devi stare sola se non vuoi soffrire, lo hai sempre saputo. Non vi è uomo o donna che acconsenta a regalarti la sua anima, preferirebbe mille volte morire, ma non avere chi, a sua volta possa far soffrire. E questo ci distanzia, ci ha sempre distanziato, ha messo dei paletti, dei muri divisori dalla parola amore alla parola amore vero. Esisterà poi? E' un'unione che si tramuta in un affetto, è uno stare vicini anche se lontani galassie. Che parco l'amore che si dà e che si riceve. Nei più infausti giorni ci si potrebbe anche credere, ma la verità è un soffio dispettoso che mescola e rimescola le carte. Alveoli di aria che lancia folate in tutte le direzioni e non si sa mai quale prendere. E quando ti decidi vedi che non era la migliore, ma te ne avvedi sempre dopo, quando è tardi per tornare indietro. E rimani.





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lunedì 24 dicembre 2012

Accelero.

Corro. Anche se non sento più le gambe, non smetto di allungare i miei passi. Continuo a correre, ma mi smarrisco ogni volta e ritorno sempre al punto di partenza. Quanta fatica sprecata. Corro. Voglio arrivare a capire queste corse sfrenate alla ricerca di me stessa, ma non riesco ad avere chiaro il percorso. E corro. Corro per niente. Non sono la sola in questa folle corsa, tanti visi, tanti corpi simili al mio che si stagliano prima e dopo di me verso una meta indistinta. Nemmeno loro sanno dove andare ma non possono fermarsi, vorrebbe dire esaurire la carica vitale, la voglia di vivere, la spinta necessaria per respirare. molti altri non lo fanno, sostano, da soli o a piccoli gruppi. Fermi, immobili. Non capisco, nel mio turbinio di pensieri se hanno trovato ciò che cercavano o se si sono smarriti per sempre. Altri ancora sono seduti, a volte coricati su se stessi, acciambellati come un gatto che attende, forse attendono la fine, forse si stanno solo riposando, ma io non posso guardare loro, devo andare avanti e spingo sul mio acceleratore, perché queste misere immagini mi danno ancora più forza, più energia. Li guardo un'ultima volta, per riempirmi gli occhi di quello che non vorrò mai essere.




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Cuore di neve.

Ricordi la neve? E il freddo che ci gelava le ginocchia seduti sulla panchina, vicino alla pista da sci. Io ogni tanto andavo, per una corsa, tu rimanevi a guardarmi, finché non sparivo, lontana, un puntino tra decine di puntini. Poi scendevo di corsa, per stare ancora un po' accanto a te. Erano lunghe le discese, erano corti i momenti con te. Riuscivamo a darci qualche bacio di nascosto, perché questi baci, alla nostra età si rubano. Questo piccolo amore, che non poteva durare, lo consumavamo come i voucher omaggio, non potevamo fare altrimenti. Mentre dalle nostre bocche uscivano paroloni. Per sempre, ti amerò per sempre. Ora, adulta, ci ripenso. Ricordo l'intensità di quel primissimo amore, la gioia, l'illusione, ma a stento riesco a mettere a fuoco il tuo viso. A volte ripenso al tuo nome, sospirato centinaia di volte e che ho così banalmente dimenticato. Mi dico che non importa, mi dico che due baci rubati non contano, ma ricordo l'intensità, quella non la potrò mai dimenticare. L'intensità di due bambini che credevano nell'amore eterno.



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venerdì 21 dicembre 2012

Parleremo per una vita intera.

Usa le mie parole per avere le mie sensazioni, quelle estreme, quelle che da solo non capiresti mai. Provane una al giorno, sfogliale come un dizionario. Ti si aprirà una vita, uno spazio intero che non pensavi di poter toccare. Invece, allunga i tuoi sogni e avvicinali ai miei, ora puoi, con le mie parole. E se da solo non ce la fai, ci sono io a suggerirti la strada più breve, la via meno impervia per raggiungermi. Accanto a me la vita ti sorriderà molto di più, le amarezze si ridurranno in briciole che spazzeremo via con dei grandi soffi. Pota le tue propaggini, diventate insensibili e che nel corso degli anni si sono indurite con le miserie di una vita, scarna di affetti. Lanciamo via questi rimasugli del passato, giochiamo come due bimbi che ridono e piangono insieme lacrime di gioia. Selliamo un cavallo e corriamo al trotto, accanto, veloci, perduti nella bellezza di un bosco invernale. Non aggiungiamo nulla più a questa ricetta di vita, è già abbastanza speziata. Adesso usiamo le nostre parole, perché ormai le mie sono diventate anche tue e insieme parleremo per una vita intera.






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giovedì 20 dicembre 2012

Gli amori doppi.

Gli amori doppi, quelli che fanno tristezza anche quando li vivi. Lei, c'è sempre una lei più importante di te. Lui, c'è sempre un lui che ti dice che sei la sua unica ragione di vita, ma poi torna sempre da lei. E tu speri, illusa, che sia vero che non dormono più insieme. Ti aggrappi a qualsiasi bugia, come unica e ultima ancora di salvezza. Tu non ci sei durante le feste, ti arrivano mille messaggi, ma non arriva lui, lui impegnato in un'altra vita. Tu sei quella che lo abbraccia forte quando può venire, perché si sa, ha troppi impegni, un lavoro, la famiglia, qualche volta dei figli. E gli dedichi la tua vita, lo aspetti sempre con un sorriso, senza lamentarti mai. Non ti lamenti perché hai una paura folle che possa fare una scelta e sai già che perderesti. Lui che sta male quando non è con te e la sua vita non ha più significato se non ai tuoi piedi, adorante. E con il passare degli anni lo guardi e ti chiedi se non sia giunto il momento di dire basta a questa vita fatta di bugie, di imbrogli. Osi. Deciditi. E resti sola.





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martedì 18 dicembre 2012

E ricordi.

Ieri non ero così triste. Chissà mai perché questa vita ti culla come se vivessi costantemente su un'altalena. Un giorno su, un giorno giù. A volte cadi e ti ci vuol sempre più tempo per rialzarti. Perché pesano i dolori che porti aggrappati sulle spalle e che non riesci a scrollarti neppure per un attimo. E quando sei su, su in alto, quando il vento ti coglie all'improvviso, accenni ad una breve risata. Ma si smorza, come si smorzano tanti dei tuoi sentimenti che non vuoi più provare. E ricordi, quando ragazza non c'era mai un giorno no, quando ti premeva svegliarti per correre verso la vita che avanzava a passi giganteschi. Ma tu, allora, non lo sapevi. Riuscivi solo a ridere, aspettavi il momento di diventare grande, di essere donna. E avevi tanti amori, come si hanno a quell'età. Anche se non sapevi cos'era l'amore finché il primo scossone non ti incrinò l'anima. E ansimando corresti lontano a nasconderti, credevi che rifugiandoti tra quattro mura il dolore sarebbe cessato. Da allora, quante volte sei corsa a nasconderti. Ogni volta che un amore finiva. Ogni volta che eri disorientata. Ogni volta che il cuore batteva all'impazzata per chi non ti avrebbe più amato. E ti aggrappi forte all'altalena.




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Tra i sorrisi dei bambini.

Quella strana donna sorrideva ai passanti, aveva uno sguardo benevolo per tutti. Ma molti la scansavano, non sapevano più che cosa ci fosse da sorridere in questa vita. E poi perché aveva quello sguardo? Lei se ne stava sempre nell'angolo vicino alla porta principale dell' ospedale, nessuno sapeva da quanto tempo fosse lì. Ma ogni giorno era presente, ogni giorno sorrideva, ogni giorno aveva uno sguardo benevolo per tutti. Non voleva nulla, non chiedeva, non parlava. A poco a poco divenne una presenza costante. Alcuni passanti la indicavano come la vecchia dei sorrisi. Altri la schernivano e la sbeffeggiavano ritenendola una matta. Ma a lei non interessava. Si alzava solo quando vedeva i bambini, con una sorta di grande rispetto nei loro riguardi. A volte, si nascondeva un po' e qualche lacrima scendeva dai suoi occhi azzurro cielo. No, non era una barbona, era una signora di mezza età, ben vestita, forse poco curata, ma pulita. Mi fermai a parlare con lei, con il migliore dei miei sorrisi. Fu un fiume in piena. Aspettava da anni il suo piccolo che se n'era andato proprio in quell'ospedale, in un caldo ottobre di oltre vent'anni fa. Le chiesi se sapeva che i morti non possono tornare. Lei con un candido sorriso mi rispose che lo vede ogni giorno, tra i sorrisi dei bambini, tra gli sguardi della gente.
Me ne andai, portando un peso sulle spalle. Guardandomi intorno, mi sembrava di vedere un bambino con gli occhi celesti come il cielo e una risata cristallina. Rabbrividii.




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domenica 16 dicembre 2012

Finché respira.

Diceva, lo odio. Ma il pensiero era fisso a lui. Quello sguardo, poggiato sul telefono, che non squillava più da mesi. Diceva, l'ho dimenticato. Mentre lo sguardo scrutava un punto nell'infinito, un angolo che solo lei vedeva, che piano piano diventava un attimo. Sapeva, che l'amore non dura in eterno, dura per il tempo che respira e finché respira. Amore, che non è amore, ma gli assomiglia, forse. E' la cosa più vicina ad un legame di sangue. S'incamminavano i suoi pensieri verso il niente, accompagnati solo da figure, ricordi vicini che le indolenzivano lo stomaco e non riusciva più a respirare. Vai, come hai sempre fatto, vai verso una nuova strada, circolare, che non ti conduce da nessuna parte. L'affanno, ti prende, lo vuoi ricacciare all'interno di quello spirito piagato. Un sussurro le impediva di inginocchiarsi, tanto le gambe erano tremule, come il filo fiammeggiante di una candela. Un vento gelido la sferzava e la faceva contorcere in una danza macabra. Passerà, si diceva, ma inconsolabilmente le lacrime sgorgavano senza che lei ne fosse padrona. Ti dimenticherò, alla fine di tutta questa sofferenza, mentre tu starai al caldo dei tuoi leggiadri pensieri di perdente. Diligentemente si avviò e di lei si persero le tracce. Un vento novello sussurrava una calda nenia.



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sabato 1 dicembre 2012

Di amori ne hai avuti tanti.

E' svestirci di quell'anonimato che ci perseguita da una vita.
E' la voglia di essere sempre noi stessi anche se con fatica.
E' il rallentarci di fronte ai pericoli e alle avversità.
E' il mentire quando ci fa più comodo e meno paura.
E' lo svegliarci la mattina con l'amaro in bocca.
E' saper di dover andare avanti sempre, tutti se lo aspettano.
E' che qualche volta avresti bisogno di meditare di più.
E' il fascino che emani e che non ti si stacca di dosso.
E' la prima volta che urli forte che non ti piaci.
E' la verità che ti fa tremare le gambe, già malferme.
E' che quando scrivi, lo fai solo per te.
E' che credi che nessuno ti capisca, ma non è così.
E' che tutti se ne infischiano di quello che succede.
E' che vorresti scappare via con i tuoi amori.
Perché di amori ne hai avuti tanti.
Ma di importanti pochi, solo quelli che ti hanno abbandonato.




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