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giovedì 17 ottobre 2013

Se fossi.

Se fossi,
sarei collera
che cola lungo le scavate guance
di chi è,
ma non è di me che sogna.
Sarei imprecazione
per farmi notare
da chi mi siede accanto,
ma non è me che guarda.
Sarei ladra
di un solo cenno emozionato
del viso amato
che un'altra ama,
e a lei dona l'intimità
dei suoi pensieri.
Sarei pazza
e di pazzia vorrei morire,
se mi regalasse un solo gesto,
allungandomi la vita
solo con un segno. 



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Tepore di te.

Era terra spezzata come il vento dei miei sogni.
Ho aperto l'incunambolo della mia vita, lusingata
dal tepore di te, opulento amante.
Vi ho letto fama e ricchezza di sogni,
ho addentato il tuo cuore, perché non fuggissi.




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lunedì 14 ottobre 2013

L' elisir delle tue carezze.

Sciogli il mio artico desiderio.
Lascio che le tue spire
fendano i miei artifici segreti
affinché l'elisir delle tue carezze
ascriva la mia sfumatura d'amore.
Arrogati la facoltà di pietrificarmi
con i tuoi sublimi sguardi.
Assalimi con dedali di promesse
per non lasciar sfiorire le trine del cuore.
Espugnami con i tuoi assedi e
fammi cadere in otri bollenti
di pizzi e merletti.




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Vado, ora vado.

Vado. Ora i miei pensieri incespicano incerti. Prima della partenza, avevo in mano la verità su me, su di te, ora questa verità vacilla sul noi. Sento la mente astratta, volano i pensieri ma non riesco a fissarli. Forse è meglio che esilii la mia goffaggine di terapeuta di me stessa e mi fissi sulla libertà appena riconquistata. Sono un pensiero libero che echeggia sottovoce e mi riempie il cervello. Ormai i miei pensieri farfugliano, e non posso parlare a voce alta per poterli distinguere. Questo caos che mi sono provocata, mi annebbia. Appoggio la testa sul cuscino confortante, mi raccolgo in una meditazione che non ha senso, perché credevo di aver già risposto ai tutti i miei dubbi, alle mie malinconie, alle nostre insensatezze. La mia strada era spianata sulla libertà.
Ora, quest'aria leggera, mortifica tutte le mie aspirazioni, mi fa vacillare, ansimo. Ho di nuovo il respiro corto, era tempo che non mi succedeva. Tutti questi accadimenti mi avevano fatto scordare quanto mi hai reso fragile in pochi anni di convivenza. Quante volte mi sono sentita soggiogata dal tuo essere sovrastante. Ricordo bene perché sto fuggendo, ora sì. Ho dipanato nella memoria la tua fame lussureggiante di potere.

Devo chiudere gli occhi e riposare.



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Una sete vecchia di tante rughe.

Come un solleone spento,
rimasuglio di tempi magici
apostroferò la mia vita
chiederò al mio destino
rimarrò fermo in un inchino
vecchio, tra i vecchi che ancora
non ho incontrato, ma che
nei miei sogni ho già conosciuto.
Canuti, ingobbiti sotto una vecchia scorza
di giorni appresso agli altri, giorni...
Che son diventati anni, anni che son divenuti
rughe profonde colme di dolcezza e di sapienza.
Io vecchio savio, io incurvato
io che attendo con occhi lucidi e semichiusi
che qualcosa accada laggiù
dove il mare non finisce,
ma comincia appena, là
dove io non riesco più a vedere.
E intanto ti parlo con la mia sete di te
una sete vecchia di tante rughe.




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domenica 13 ottobre 2013

La terra ti sia lieve.


Sit tibi terra levis. Quante volte, Mara, aveva letto quegli stiletti appuntiti che le si conficcavano in ogni parte del cuore. Ulceravano un muscolo già vespero. Violavano la carne che lo ricopriva. E' dolore. Non sapeva definirlo, sapeva che era un venificio. Questo solo riconosceva. Socchiudeva gli occhi nella vana speranza di non essere lì, di non essere lei. Riaprendoli piano era di nuovo un incubo che si materializzava. Gli angeli non esistevano o non esistevano per la sua versione di donna ammalata di dolore. Temeva questa furia che le toglieva il respiro e ogni passo le sembrava un mancamento. 'La terra ti sia lieve' amore mio, anche se lei non si sosteneva, anche se le sue spalle erano curve dal dolore. Ha la gola chiusa, Mara, una smorfia di disgusto le dipinge il viso. Era troppo, sapeva che il momento stava giungendo anche per lei. Si può morire vicino alla tomba sulla quale non si sa che dire. Ti sia lieve l'avvicinarsi di Mara, anche se lei è ancora viva, per il momento.





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mercoledì 2 ottobre 2013

Patty è nata a colori.


Patty è nata a colori.

E poi la vita l'ha resa grigia.

Ma non subito, almeno non subito grigia. La sua vita è stata un altalenarsi di colori sempre più spenti, sempre più amorfi, sempre più flebili.

Patty non aveva un cognome suo.

E poi i cognomi non sono importanti.

Se l'era ripetuto da così tanto tempo che ormai ci credeva. Essere Patty figlia di niente e di nessuno non le creava problemi. I problemi se li crea chi può permetterseli.

Patty ha subito la vita, da subito.

E poi la vita non l'ha vissuta.

Le è trascorsa davanti senza darle il tempo di farsi assaporare. Non s'è nemmeno accorta del tempo che le sfuggiva e non lo aveva in mano, non lo poteva usare.

Patty non ha avuto un amore.

E non ha vissuto nemmeno un affetto.

Nessuno le aveva voluto bene, era stata abbandonata da subito. Era una figlia di nessuno, come se nessuno l'avesse potuta mettere al mondo.

Patty ha deciso di andarsene presto.

E non sapeva se il tempo fosse importante.

Aveva provato a vivere, era maledettamente difficile da capire come potesse fare. Nessuno le aveva insegnato a vivere, nessuno l'aveva protetta.



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