Lo sentivi, di notte, il ticchettio della pioggia sulle tegole e prima di addormentarti, ti vedevi in un rigoglioso campo stesa sull'erba e ogni goccia ti baciava il viso e il corpo. Gli spifferi che sentivi nelle ossa diventavano un vento impetuoso che faceva danzare i fili d'erba in ordine, come ballerini su un palcoscenico. L'angoscia, che non conoscevi, perché eri troppo piccola per carpirne il significato, la chiamavi paura. Forse era l'uomo nero o gli indiani. Ma su quell'angoscia, ancora prematura, c'era la tua nonna a vegliare. E quando ti sentiva rigirare nel letto, ti baciava sulla fronte e ti diceva di non avere mai paura. Allora ti impossessavi della sua mano e la tenevi stretta fino alla mattina. Quando ancora credevi di essere protetta, ti svegliavi sola ma lei c'era, pronta con la colazione, ristoro di grandi e piccini, diceva. E ridevi, perché la tua nonna ti faceva tanto ridere. Le nonne sono i primi amori. I primi candidi amori, ai quali non si riesce a rinunciare, per nulla al mondo. Perché si sa, le mani di una nonna sono magiche, sanno fare tutto. Ti accompagnano finché possono e quando sono troppo stanche ti donano alla vita, sicure dei tuoi successi.
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