Sei meno solo se decidi di guardarti intorno e di capire che anche tu hai un tuo posto nella vita. Non il solito posto di tutti, una luogo buio e solitario dal quale ogni tanto riemergi per guardarti intorno, come fanno le talpe dalle loro buche. Tu no, hai uno spazio, anche grande, se solo lo vuoi. Lo puoi allargare di giorno in giorno, perché in te c'è tutto quello di cui hai bisogno. Fame, sete, voglia di sapere, di farti conoscere, di urlare chi sei. Sei tu, alto, basso, moro o biondo. Grasso, magro, uomo, donna. La disabitudine a riemergere dalle fatiche, dai tentennamenti quotidiani, dalla noia, dai dissapori ti fa sopire e lentamente sparire. Ogni giorno è una festa, lo sai ma non te ne curi. Abbandonati alle sensazioni piene di te. Assapora tutti i giorni, uno per uno. Non essere incurante. Ama, solo per il gusto dell'amore e nulla più. E' amore tutto quello che c'è accanto e non lo cogli, tu bramoso di silenzio e di buio. Non scansare la fatica di conoscerti al meglio. Ama.
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giovedì 29 novembre 2012
Ama.
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Fresca rugiada
Sei una goccia fresca di rugiada, in una di queste fredde mattine d'autunno. Con l'indice ti accarezzo e ne scende una lacrima, forse non dovevo. Ma era stretta tra i lembi della foglia che ti accoglieva e non mi sono potuta trattenere. Ora lambisci sul terreno spoglio, ti apri in due minuscoli rigagnoli e piano piano scompari. Rugiada. Hai il colore del cielo d'estate, terso celeste, meraviglioso a tratti. Non ti vedo più, è rimasto solo un insignificante alone di freschezza. Colpiscimi ancora, ammalia il mio sguardo della tua portentosa forza, solletica la mia immaginazione che voli in alto, dove il vento scompiglia gli alberi, scuote le finestre, fa scendere lacrime celesti. Fresca, meravigliosa rugiada vorrei poter affondare il mio viso sulla tua delicata frescura, un brivido lungo la schiena che scuote da ogni torpore. Un sollievo, una manna che scende dal cielo per essere accarezzata, ammirata. Le lacrime sono spesso rugiada, ma scendono calde per poi raggelarsi sulla gota, in una di queste fredde mattine d'autunno.
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martedì 20 novembre 2012
Io sono qui.
Non ci sei mai. Come fai ad essere così preciso nelle tue assenze? Ho bisogno di te, come di una calda luce che mi avvolga e aiuti ad incamminarmi, ma non ci sei. Presenza quasi costante, quasi sempre. Il destino vuole che non abbia mai di questi timori, di queste paure. La paura di non averti accanto. Tremula verità che mi confonde. Sentore di fastidio, di paura, quasi di angoscia. Ti allontani per poco tempo, ma è un'eternità senza te, quei momenti mi fanno sobbalzare e delle fitte mi prendono i fianchi e me li massacrano. Luce, per me sei luce che manca nei momenti in cui devo prendere decisioni importanti. Non mi illumini la via, non mi accarezzi con le parole di conforto che solo tu possiedi. Anche adesso che tremo, tu sei altrove, sei lontano da me e non ti sento, chissà in quale dimensione sarai. Ti aspetto senza lacrime, voglio credere che tu mi stia pensando e nella tua mente tu ti chieda cosa stia facendo. Io sono qui, aspetto il tuo ritorno, non tardare, ti prego.
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venerdì 16 novembre 2012
Un uomo.
Mi hai lasciato dolorante,
senza un motivo,
senza un rimpianto,
senza una lacrima.
Mi hai gettato lontano,
senza una spiegazione,
senza rammaricarti,
senza giustificarti.
Penso che per te
fosse logico situarmi
fuori dalla cornice
della tua vita.
Non hai mai onorato
i tuoi impegni
di padre, di ex marito,
di fidanzato, di amante,
come potevo sperare
che mettessi dei paletti
su ciò che non sarai mai.
Un uomo.
Un uomo non si butta via,
nemmeno per un insano amore,
neppure se gli costa caro.
Un uomo è un uomo
da quando nasce
e così deve essere allevato.
Un uomo non deve aver paura
degli errori che commette
e deve guardare in faccia
ciò che fa. Un uomo.
Combatti contro gli orridi
fantasmi che si accumulano
dentro la tua testa
senza pensare che
il fantasma più minaccioso
sei tu, tu che non guardi mai
in faccia la realtà di chi sei,
di chi sei veramente.
Meschino e bugiardo,
inganni e sottrai forza
a chi aveva scommesso,
a chi si era illuso,
troppo forse, sapendo com'eri.
Tu uomo non lo sei,
non lo sarai mai,
condurrai una vita
che ti trasporta, lei,
fa le tue veci, da sola.
senza un motivo,
senza un rimpianto,
senza una lacrima.
Mi hai gettato lontano,
senza una spiegazione,
senza rammaricarti,
senza giustificarti.
Penso che per te
fosse logico situarmi
fuori dalla cornice
della tua vita.
Non hai mai onorato
i tuoi impegni
di padre, di ex marito,
di fidanzato, di amante,
come potevo sperare
che mettessi dei paletti
su ciò che non sarai mai.
Un uomo.
Un uomo non si butta via,
nemmeno per un insano amore,
neppure se gli costa caro.
Un uomo è un uomo
da quando nasce
e così deve essere allevato.
Un uomo non deve aver paura
degli errori che commette
e deve guardare in faccia
ciò che fa. Un uomo.
Combatti contro gli orridi
fantasmi che si accumulano
dentro la tua testa
senza pensare che
il fantasma più minaccioso
sei tu, tu che non guardi mai
in faccia la realtà di chi sei,
di chi sei veramente.
Meschino e bugiardo,
inganni e sottrai forza
a chi aveva scommesso,
a chi si era illuso,
troppo forse, sapendo com'eri.
Tu uomo non lo sei,
non lo sarai mai,
condurrai una vita
che ti trasporta, lei,
fa le tue veci, da sola.
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Vai, c'è bisogno di te.
Sai che devi andare dove c'è bisogno di te, dove le persone si aspettano che tu sia presente, fianco a fianco a loro, con lo stesso terrore negli occhi, con il buio presentimento del domani. Vai, ti aspettano e ricorda che era anche la tua terra, la terra che ti ha visto nascere, la terra che ti ha concesso un secondo affetto. Corri, non c'è tempo da perdere, perché lei è là che ti aspetta a braccia aperte per essere consolata da ciò che accade in un giorno di devastazione. Tu non potrai far altro che la conta dei danni, parlare con le persone care, di più non potrai. Forse piangerai con loro i disastri accorsi finché tu non c'eri. Le braccia a stringere chi non ha più nulla, il fegato di dire che domani sarà un giorno migliore, che si ricostruirà, che tutto tornerà come prima. Ma dopo un disastro nulla è come prima e tu lo sai bene. Vai ugualmente, ti impegnerai fino allo stremo delle tue forze a sorridere, a cercare un perché dove non esiste, a vedere il cielo più sereno. Saprai a chi dare la colpa di tutto questo, ma umilmente starai zitto per non scaldare gli animi già combattuti tra disastro e colpe. Vai, non lasciare nulla di intentato. Quando tornerai, sarai più arricchito da tutta la miseria che hai visto e saprai su cosa riflettere, a lungo.
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mercoledì 14 novembre 2012
Desisti dal tuo intento
Desisti dal tuo intento
credi alla mia sensatezza,
in te ho ravvisato
un insieme di note
che amo, note vincenti.
Sei un musicista
del prelibato,
un compositore
abile e sensato.
Uno scultore brioso
ma tollerante,
il tuo scalpello
non colpisce
ma accarezza, piano.
Pittore di mille tele,
tutte color smeraldo,
in un mondo
in bianco e nero.
Sei maestro compassionevole
i tuoi discenti
sono il cuore e l'anima,
ed elargisci loro
tutta la tua infinita fertilità.
Abbonda, dona
a chi non ha, non sa
tutte queste materie prime.
A me, regala solo un sorriso
vale molto, è di pregio.
Non ha prezzo.
Desisti dal tuo intento,
non ti far incantare
dall'oblio che è il nulla.
credi alla mia sensatezza,
in te ho ravvisato
un insieme di note
che amo, note vincenti.
Sei un musicista
del prelibato,
un compositore
abile e sensato.
Uno scultore brioso
ma tollerante,
il tuo scalpello
non colpisce
ma accarezza, piano.
Pittore di mille tele,
tutte color smeraldo,
in un mondo
in bianco e nero.
Sei maestro compassionevole
i tuoi discenti
sono il cuore e l'anima,
ed elargisci loro
tutta la tua infinita fertilità.
Abbonda, dona
a chi non ha, non sa
tutte queste materie prime.
A me, regala solo un sorriso
vale molto, è di pregio.
Non ha prezzo.
Desisti dal tuo intento,
non ti far incantare
dall'oblio che è il nulla.
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Non ho scordato nessuno
Ho cominciato ieri a chiedere scusa.
Come se il mio tempo fosse agli sgoccioli. Come se non mi rimanessero
molte primavere da sfoggiare. Ho cominciato da chi ritenevo più
offeso da me, dai miei comportamenti. E ad ogni 'ciao, sono io, come
va?' mi rispondeva un balbettio, un fremito della voce. Parlavo,
ascoltavo, talvolta sorridevo. E in agguato attendevo il momento
della riscossa, il tuonare del mio 'ti chiedo scusa', l'ammutolimento
e poi le parola mai dette, i discorsi mai fatti, qualche abbraccio
con l'anima. Ho trovato sostegno, generosità, a volte anche affetto,
a volte il rancore, ma erano tutti previsti, questi sentimenti. Erano
covati da anni e non potevano che esplodere in positivo o in
negativo. Mi sento bene, pur nell'egoismo, nel mio piccolo mondo di
donna prigioniera dei suoi fantasmi e sempre più relegata in un
mondo che voglio vivere da sola.
Credo di aver chiesto scusa a tutti,
mille volte mi sono vergognata in questi dialoghi, durante i quali ho
saputo di aver causato tanto dolore. Non ho scordato nessuno. Solo
chi non c'è più.
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lunedì 12 novembre 2012
Eri promessa.
Eri un faro, svettante,
alla fine del porticciolo.
Oltre, iniziava il mare aperto
e la paura dell'incognito.
Per molto tempo non ho superato
la tua luce calda e avvolgente.
Ne avevo paura, era troppo buio
oltre di te, era la notte, il silenzio.
Mi davi fiducia ed eri promessa,
io veleggiavo fino a te
tranquilla e ottimista.
Un giorno malato,
il vento mi spostò
oltre la tua immagine
dopo la tua ombra.
Vidi qualcosa di te,
non avrei mai immaginato.
Non eri più tu,
non ti riconoscevo.
Un incubo che mi colpì
come uno schiaffo.
Un orrido figuro,
un giano a due facce.
Fu quel giorno che
veleggiai in mare aperto.
E mi persi, nella mia afflizione
di aver creduto.
Che delusione, che scoramento.
Non tornerò più,
adesso ho paura,
dove prima c'era stima
ora non rimane che malfidenza.
alla fine del porticciolo.
Oltre, iniziava il mare aperto
e la paura dell'incognito.
Per molto tempo non ho superato
la tua luce calda e avvolgente.
Ne avevo paura, era troppo buio
oltre di te, era la notte, il silenzio.
Mi davi fiducia ed eri promessa,
io veleggiavo fino a te
tranquilla e ottimista.
Un giorno malato,
il vento mi spostò
oltre la tua immagine
dopo la tua ombra.
Vidi qualcosa di te,
non avrei mai immaginato.
Non eri più tu,
non ti riconoscevo.
Un incubo che mi colpì
come uno schiaffo.
Un orrido figuro,
un giano a due facce.
Fu quel giorno che
veleggiai in mare aperto.
E mi persi, nella mia afflizione
di aver creduto.
Che delusione, che scoramento.
Non tornerò più,
adesso ho paura,
dove prima c'era stima
ora non rimane che malfidenza.
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domenica 11 novembre 2012
Erano un esempio.
Li additavano. Molti conoscenti li prendevano ad esempio. 'Eccoli, sposati da venticinque anni e ancora si tengono per mano', ed era così, avevano ancora tante cose da dirsi. Ma il fato ci mette spesso lo zampino, frusta i pensieri, cambia di base le condizioni del cuore. Lei, aveva intrapreso una nuova carriera, si era allontanata da casa dal lunedì al venerdì. E la lontananza aveva fatto il resto. Conobbe lui, un collega che la stava lusigando con mille cortesie, con mille pensieri. Il primo bacio, la prima stanza d'albergo. Le nuvole nere all'orizzonte. Seppe dopo, che anche lui era sposato. Un terremoto di sensazioni la colpirono in pieno petto, credeva di non avere segreti, credeva che lui non ne avesse con lei. Suo marito era sempre nella loro casa, non sospettava nulla, vedeva solo che lei era sempre stanca, sempre più amareggiata, sempre meno moglie. Lui, dopo qualche settimana le diede il benservito, così freddamente che lei si sentì nuda. Nessuno seppe più nulla di quella donna, che un lunedì mattina partì per andare al lavoro.
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sabato 10 novembre 2012
Ricominciamo da qui e poi ricominciamo di nuovo.
Salvami da me stessa, da questa inedia che mi comprime lo stomaco e non mi fa respirare. Tu sei tutto ciò che io vorrei essere. Uno spirito libero che attraversa questo mondo sulle ali della fantasia che si è costruito da solo, giorno dopo giorno, passo dopo passo. Allineati a me, fammi vedere come cadenzi i tuoi movimenti, come cammini nel mondo e da lì come riesci a fuggire quando vuoi restare solo. Magari solo per farti quattro risate. 'Non mordicchiare l'asticella degli occhiali, sciocco, li hai appena comprati, ti restano i pezzetti di plastica sulle labbra'. Grande passione serve per avere il tuo spirito, un'intraprendenza da pochi, sei un mito che sovrasta gli altri come un cielo terso. Ma anche tu sei acerbo sulle questioni di cuore, sui sentimenti che opprimono me. E anche tu hai bisogno di aiuto, siamo una barca alla deriva finché un vento di maestrale non ci trascina al primo molo sicuro. Un porto dal quale possiamo guardarci intorno e forse riconoscere il posto dove la barca, con l'aiuto del vento, ci ha trascinati. Ricominciamo da qui e poi ricominciamo di nuovo, finché non avremo trovato la formula magica. Quanti pesi da trascinare, quante paure da soffocare. Io sono pronta.
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venerdì 9 novembre 2012
Il the end al cinema.
E la gente guarda e vede che ti scendono le lacrime quando prima gli occhi erano gonfi e lucidi.
Si girano dall'altra parte come se le lacrime fossero contagiose, una malattia da cui stare prontamente lontani per non esserne contagiati. Tu mia hai fatto ammalare fino a questo punto, fino a che nulla mi ha sostenuto e loro, le lacrime sono scese. Sono amare, evanescenti, senza più nessun peso. Sono lacrime della fine, il the end al cinema, e dopo si accendono le luci. Ma io resto spenta e incapace di trattenere questa emozione che ha fatto di me lo zimbello dei passanti. Mi sento svenire, mi siedo sul marciapiede sporco e logoro di vite vissute e passate di lì. Quante non avevano un altro posto in cui andare. Un altro posto. Un posto che non mi dica di te, che cancelli in fretta la disperazione di non poter più vederti. Un posto che mi tolga questo peso che il mal d'amore mi sta provocando. Non mi hai nemmeno aiutato a cavarmela con le prime lacrime, mi hai lasciato sola in loro compagnia. E continuano a scendere e non le trattengo perché mi manca la forza, esterrefatta, lacera, sono seduta sulla mia vita che ha finito i suoi passi.
Si girano dall'altra parte come se le lacrime fossero contagiose, una malattia da cui stare prontamente lontani per non esserne contagiati. Tu mia hai fatto ammalare fino a questo punto, fino a che nulla mi ha sostenuto e loro, le lacrime sono scese. Sono amare, evanescenti, senza più nessun peso. Sono lacrime della fine, il the end al cinema, e dopo si accendono le luci. Ma io resto spenta e incapace di trattenere questa emozione che ha fatto di me lo zimbello dei passanti. Mi sento svenire, mi siedo sul marciapiede sporco e logoro di vite vissute e passate di lì. Quante non avevano un altro posto in cui andare. Un altro posto. Un posto che non mi dica di te, che cancelli in fretta la disperazione di non poter più vederti. Un posto che mi tolga questo peso che il mal d'amore mi sta provocando. Non mi hai nemmeno aiutato a cavarmela con le prime lacrime, mi hai lasciato sola in loro compagnia. E continuano a scendere e non le trattengo perché mi manca la forza, esterrefatta, lacera, sono seduta sulla mia vita che ha finito i suoi passi.
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Tristezza, avvolgente ormeggio.
Ho fatto della tristezza un'avvolgente ormeggio.
E' sempre pronta a salpare con me in ogni luogo io percorra, ogni casa io frequenti, sempre.
Non saprebbe abbandonarmi nemmeno in momenti insospettabili, quando faccio del mio sorriso una maschera. Mi rincorre sempre, a volte precede i miei solitari passi. Chiudo gli occhi e la avverto, presenza che mi sovrasta, che si impone, che non mi lascia un momento di spazio. A volte mi oltraggia, a volte è satirica, ma pur sempre crudele, come i passi che mi impone di fare. Tristezza piena di vanità, sai di essere talmente forte che nulla ti può vincere. Anch'io soccombo sotto il peso della tua figura, che non fa respirare, il mio rantolo è sempre da te ritmato. Non vi è gaiezza, non vi sono buone novelle che non ti trovino lì, pronta a modificare tutto il comportamento dei sentimenti che potevano essere, perlomeno, miseramente gioiosi. Vinci sempre, il mio cuore malato non ti si può più opporre e allora fai di me quello che vuoi, emaciami ogni giorno, costantemente. Scaraventami nel fondo di un pozzo e lì abbandonami. Le mie mani coprono gli occhi velati, ormai sfuggenti alla beltà della vita, che un po' ancora ricordo. Io ti ho creato.
E' sempre pronta a salpare con me in ogni luogo io percorra, ogni casa io frequenti, sempre.
Non saprebbe abbandonarmi nemmeno in momenti insospettabili, quando faccio del mio sorriso una maschera. Mi rincorre sempre, a volte precede i miei solitari passi. Chiudo gli occhi e la avverto, presenza che mi sovrasta, che si impone, che non mi lascia un momento di spazio. A volte mi oltraggia, a volte è satirica, ma pur sempre crudele, come i passi che mi impone di fare. Tristezza piena di vanità, sai di essere talmente forte che nulla ti può vincere. Anch'io soccombo sotto il peso della tua figura, che non fa respirare, il mio rantolo è sempre da te ritmato. Non vi è gaiezza, non vi sono buone novelle che non ti trovino lì, pronta a modificare tutto il comportamento dei sentimenti che potevano essere, perlomeno, miseramente gioiosi. Vinci sempre, il mio cuore malato non ti si può più opporre e allora fai di me quello che vuoi, emaciami ogni giorno, costantemente. Scaraventami nel fondo di un pozzo e lì abbandonami. Le mie mani coprono gli occhi velati, ormai sfuggenti alla beltà della vita, che un po' ancora ricordo. Io ti ho creato.
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mercoledì 7 novembre 2012
La ronda dei pensieri.
Le mie parole, ormai intrattenibili,
soffiano veloci come mormorii.
La ronda di pensieri
che dentro me si accalca,
è una frana di pensieri
che tutto depreda e incalza.
Ha dei segnali macabri
questo inizio di vita,
persa nel circolo vizioso
di una scalza esistenza.
Incombe su di tutti
ancora una volta l'inverno
che tutto copre
e nulla crea, all'occhio
e nulla crea, all'anima.
E macera sempre più
il ricordo del ieri,
del momento passato,
la struggente rovina
di chi si è dilaniato.
Candela blasfema
che all'occhio spigoloso
crei sortilegi, nessuno a te
una pena commina.
Tu brutale causa
di pianti incompresi.
Questo lastrone sul petto
emacia pelle e ossa
non troverò mai
la mia prestante vita.
soffiano veloci come mormorii.
La ronda di pensieri
che dentro me si accalca,
è una frana di pensieri
che tutto depreda e incalza.
Ha dei segnali macabri
questo inizio di vita,
persa nel circolo vizioso
di una scalza esistenza.
Incombe su di tutti
ancora una volta l'inverno
che tutto copre
e nulla crea, all'occhio
e nulla crea, all'anima.
E macera sempre più
il ricordo del ieri,
del momento passato,
la struggente rovina
di chi si è dilaniato.
Candela blasfema
che all'occhio spigoloso
crei sortilegi, nessuno a te
una pena commina.
Tu brutale causa
di pianti incompresi.
Questo lastrone sul petto
emacia pelle e ossa
non troverò mai
la mia prestante vita.
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Ho una manciata di lacrime.
Ho una manciata di lacrime, sono le tue, le vorrei lasciare andare ma l'orgoglio mi frena l'istinto. Aspetterò che si secchino tra le mie mani, ma tu non aspettare, ora vattene. Vattene per sempre, via, lontano dalla mia vista. Le avessi avute qualche mese fa mi avrebbero fatto sognare, una ad una avrebbero detto qualcosa di importante, ora sono solo gocce che il calore assorbirà. In queste mani ho quello che avevo voluto. Il tuo modo di dirmi che sono importante, la tua vanità disciolta in pochissimo tempo, il tuo sentirti superiore agli affetti. Avrei tutto per sentirmi felice. Avrei realizzato ciò che sognavo da tempo se il tempo si fosse fermato. Ma è inesorabile, lui va avanti e a noi non resta che seguirlo. Seguivo il tempo e te che mi lasciavi sempre indietro senza alcuna speranza. Ora ti ho superato, così come si supera chi non riesce ad andare avanti, a mettersi in gioco a buttare sul tavolo verde la propria vita. Non sempre si vince, ma non sempre si perde. Non hai nemmeno voluto giocare, hai sorriso sempre, schivo, superiore, mentre ora te ne vai curvo sotto il peso dei tuoi mille errori.
Forse sto sbagliando anch'io, che tengo queste lacrime come una reliquia. E' una vittoria, ma io non cercavo questo. Le lascerò cadere, qui sulla terra sabbiosa, sicuramente non nascerà nulla, o forse la terrà si screpolerà. Ora ho una manciata di vuoto, ma l'ho sempre avuto.
Forse sto sbagliando anch'io, che tengo queste lacrime come una reliquia. E' una vittoria, ma io non cercavo questo. Le lascerò cadere, qui sulla terra sabbiosa, sicuramente non nascerà nulla, o forse la terrà si screpolerà. Ora ho una manciata di vuoto, ma l'ho sempre avuto.
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lunedì 5 novembre 2012
Chi lavora con l'arte non è un artista.
Perché non sono io che scrivo, subisco la mia vena creativa, il mio umore del momento. Potessi sapere che la mia fantasia si sposa con la bramosia di esprimere i miei sentimenti. Non credo di riuscirci sempre anche se la volontà è di un infiltrato nella letteratura, nell'arte, nella poesia dichiarata in senso stretto. Amo scrivere, amo scrivere sempre. Vorrei farne il mio lavoro ma non c'è posto per me in questo mondo. So di certo che ne subirei tutte le note negative. So di certo che avrei di che spazientirmi e lasciare tutto, tutto quello che desidero. Eccola la verità di fatto. Il poeta ama scrivere e non è un lavoro ma una passione pura. Chi lavora con l'arte non è un'artista, ma specula sulla bellezza, se questa gli viene spontanea. Vorrei avere il dono dell'arte, una pulsione che mi fa fremere, non mi fa dormire, non mi lascia libera neppure un momento. Non sono io che scrivo. Ogni volta che mi metto a pensare, qualcosa si impossessa di me. Mi sento svuotata ma nello stesso tempo le mani scorrono, la penna diventa fluida e non rileggo mai, fino alla fine della mia storia. Poi guardo l'insieme e mi sembra una magia. Non posso credere di essere stata io a non lasciare nemmeno uno spazio vuoto in tutta la pagina.
Confortami poesia, nessuna cosa al mondo mi dona più di te, adorabile e inseparabile compagna.
Confortami poesia, nessuna cosa al mondo mi dona più di te, adorabile e inseparabile compagna.
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domenica 4 novembre 2012
Possiamo chiudere gli occhi.
Grande creatore, ti dividi tra realtà e fantasia. Io sono la realtà, i tuoi giorni, la tua policromia creativa, ad ogni mio respiro risponde un tuo sorprendente sguardo che fruga la spiritualità che c'è dentro me. Insieme nel nostro mondo, siamo la fantasia, l'estro, la stravaganza. Noi vagabondi, presuntuosi come canne di vetro che nulla scuote. Camminiamo come un corpo unico, immaginario, teorizziamo magnifici accadimenti. Siamo due botole. Ci rinchiudiamo satolli di noi stessi, dentro questo mondo felice. Siamo due botole che restano chiuse alla vista. Grande inventore, sei sempre a caccia di nuove forme di sentimenti, senza astrazioni, senza paure, senza ripensamenti. Ne sarai capace, inventerai tutto questo con il nostro estro, fantasia, stravaganza. Dopo tutta questa vita, incredibile vita, possiamo chiudere gli occhi per sempre, creatori, inventori di tutta la nostra realtà. Vita unica che nessuno mai potrà imitare, perché l'abbiamo forgiata sulla nostra pelle, io da realtà, tu da fantasia.
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Noi.
Nulla di meno, nulla di più. Tu. Un argano che non ha pace, un vortice senza fine. Sei una muraglia estesa e protettiva. Tu. Non si può spiegarti, non ci sono le parole. Sono tutte ombrose e sfuggenti. Sei una camminata veloce, fatta di passi lunghi e cadenzati. Sei il rumore sulla ghiaia che sembra esplodere al tuo passaggio. Tu. Un uomo solo, ma senza tristezza, nessuna malinconia. Tu. Appartieni al tuo mondo impregnato di saggezza, poco ludico, ma estremamente fantasioso. Tu. Appartieni a me che sono tutta un'altra cosa. Io. Debole visceralmente, dominata dagli eventi. Io. Una pietra che rotola al minimo pendio. Io. Le parole per me sono poche e vivaci, allegre, quasi fantastiche. Io. Solitaria ma che non ama stare sola. Io. Il mio mondo è una fiaba fatta di tanti capitoli. Io. La mia mente è selvatica, come i rovi di montagna. Io. Ti appartengo. Noi siamo così semplici che tutte queste parole, quasi distraggono. Noi. Siamo affascinanti perché così bruscamente diversi. Noi. Ci apparteniamo ma non siamo un'anima sola. Noi. Noi, ci teniamo per mano. Noi.
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