Dimmi perché questa pagina bianca diventa così rumorosa a
mano a mano che la scrivo. Forse perché penso a te, o forse perché ti immagino,
ti vedo, rammento una foto scanzonata. E nella foto mi facevi la linguaccia
come fanno i bambini e io promettevo di tirarti quella lingua finché non
sarebbe rimasta a penzoloni fuori dalla bocca. E urla questa pagina, parla di
immagini, di colori, di sapori, di odori, parla di te. Parla del tuo
ondeggiare, del tuo andare, del tuo essere dolce e insicuro, determinato e pauroso.
Parla solo di te perché di me c’è poco da dire, ero un fiocco di neve che si è
sciolto all’inizio della primavera. E nessuno se n’è accorto, nemmeno tu. Si riempie questa pagina di echi assordanti, la tua voce, i
tuoi rari sorrisi, la paura nei tuoi occhi. Io ho solo addentato quelle poche
immagini, quei pochi momenti con te, in te, per poi volare via sospinta,
violentata dalla più crudele delle sensazioni, l’abbandono. Tu con le mille
crisi, con i mille se, tu stanco, desideroso di riemergere, di rinascere, di
rialzarti, hai fatto fagotto e sei fuggito senza una spiegazione, anche se non
c’era bisogno di nessuna spiegazione. Tra i tuoi mali, hai scelto il minore, il
porto sicuro, la prima stella della notte, l’abbraccio certo. Hai scelto un
luogo temperato, senza afa né gelo. Hai scelto di rimanere dove avevi buttato l’ancora.
Sicuro di poter tornare sempre lì e trovare chi ti accogliesse con le braccia
aperte.
All rights reserved ©
Nessun commento:
Posta un commento