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venerdì 21 settembre 2012

Equinozio di luce


Città straniera dai caldi colori, dagli odori inebrianti, dalla lingua incomprensibile, dal via vai continuo di persone in abiti coloratissimi. Ero lì al centro della piazza del mercato afoso ad assaporare con gli occhi prima che con il naso e gli altri sensi, tutto ciò che mi circondava. Una piazza imponente, polverosa, sullo sfondo i palmeti ondeggiavano in balia del vento caldo di scirocco. Le merci erano tutte esposte per terra e i venditori, con le gambe acciambellate, li vedevi scaldarsi per la vendita, trattenendo le cose, se il prezzo non sembrava loro equo. I compratori tiravano, con aria di sufficienza e disapprovazione il vestito, la seta, le spezie di turno. Quali tappeti meravigliosi inondavano quella piazza, erano un mare in piena, una distesa immensa come sconfinato era il deserto che si vedeva all’orizzonte. M’innamorai di un tappeto con i colori del sole, un equinozio di luce con pennellate di lucore dai confini inafferrabili, brillante, quasi di luce propria. Allungai la mano, lo toccai, m’investirono dei ricordi che non potevano essere miei. La filatura, la tessitura, ore e ore di lavoro estenuante. Lo lasciai spaventata e disorientata. Mi salivano fino alle labbra parole che non conoscevo e pensavo, sognavo ad occhi aperti guidata dalle emozioni vive, appena toccate. Feci alcuni passi indietro, disorientata. L’uomo dei tappeti mi era accanto, non l’avevo visto arrivare, mi parlava e inconcepibilmente lo capivo. Mi sussurrava che era stato creato per me, e solo io lo potevo sentire come un’anima che vive e pulsa. L’avevo di nuovo tra le mani, l’uomo era scomparso, ed io ero sempre più allarmata. Ma m’incamminai, una voce dentro di me mi diceva di andare. Non so bene per quanto tempo camminai, ma mi ritrovai alle porte della città, dove iniziava il deserto. Stesi il tappeto, mi sedetti con le gambe acciambellate, socchiusi gli occhi per un istante, per abituarmi alla luce abbacinante e li riaprii. Quale vista, quale miracolo. Poco distante prendevano forma dei miraggi che rappresentavano parte della mia vita, mi rivedevo a compiere determinate azioni, alcune le avevo dimenticate. Rimasi in quella posizione per ore e ore seduta su un tappeto magico, finché all’imbrunire, l’uomo dei tappeti mi posò una coperta sulle spalle dicendomi che dovevo andare a riposare e a rifocillarmi. I miei sogni sarebbero rimasti lì per sempre, per me, mi sarebbe bastato tornare l’indomani e il giorno dopo. E così feci, riportai la mia anima ai confini del deserto per giorni e giorni.





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