Vivo di piccole cose. Qualche istante. Poi tutto prende il sopravvento. La noia, la ferocia della vita, e non ascolto più musica, non rappresento una nota che si muove per il piacere del ritmo. Mi fermo. E appartengo alla desolazione, un tronco invernale, spoglio di qualsiasi sostanza. Cammino per strada a testa bassa senza appoggi, ogni tanto sbando, qualche volta mi fermo, sorretta da un disadorno afflato di orgoglio. Mi guardo intorno e mi sento maledettamente sola, nessuno ha il volto dipinto di emarginazione, la segregazione che ti cerchi da sola ma che fa tanto male, impressa sulla pelle come un marchio indelebile. Ed è umiliante che nessuno ti guardi con attenzione, che tu passi inosservata ai più, mentre stai morendo lungo una strada affollata. Ma non è così, non adesso, non è ancora giunto il tuo tempo, non è ora di lasciare quel poco che hai. E a quel poco ti appigli, come un naufrago abbraccia una tavola di legno, l'unica rimasta. In fondo, oggi, c'è il sole.
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