Marco aveva gli occhi aridi, lei lo guardava
tormentandosi il labbro e con il restante pezzetto di bocca biascicava parole
incomprensibili. Parole color dell’ovatta. Parole che si coloravano sempre di più.
Parole di addio. L’addio, come tutte le
parole di abbandono, sono incomprensibili, si resta a bocca aperta ma non se ne
intuisce la ragione. E la bocca si secca, diventa un deserto e non si riesce
nemmeno a deglutire. Il viso, un
brindello plumbeo, che si confonde con il cielo d’autunno. Forse aspetti di
risvegliarti, forse non credi a quello che senti, forse non avevi ascoltato
prima, quel prima che ti fa arrivare a questo punto, ora che sei dinanzi a lei
che ti spacca il cuore con un machete senza chiedersi se sopravvivrai. Ma è stato solo un momento di dignitosa
richiesta di aiuto che lanciava il tuo sguardo arido. Poi hai capito, lei non
era più lì, con te c’era solo un involucro che si tormentava il labbro, lei
smaniosa di scappare. Doveva scappare, andarsene tra le braccia di un altro per
farsi consolare di questo momento così doloroso. Hai chinato, solo per un
attimo la testa, e lei non c’era già più, ti è rimasta tra le mani una sua
lacrima che hai stretto subito nel pugno. Il suo ultimo regalo per te.
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