E noi due, persi in una campagna sterminata. Ci siamo distratti ma non vogliamo far uso di mezzi sofisticati per ritrovar la strada. L'aria è umida ma leggermente fresca, me la godo, dopo un'estate afosa. Vedo un carretto, trainato da un cavallo, il mio stupore è massimo, non ne vedevo uno da tantissimi anni e mentre la macchina lo sorpassava continuavo a fissarlo, estasiata. Il conduttore del carretto ha alzato la mano, credo non ci volesse mandare in un bel posto. Ci mettiamo a ridere. Fisso un punto lontano, tutto intorno è vegetazione, alberi intrecciati, scomodi arbusti che sporgono sulla strada stridendo sulla carrozzeria della macchina. E campi, tanti campi a perdita d'occhio. Sono già stati tutti arati, ed ecco che tutto è pronto per un'altra stagione, per un'altra vita. Ho un moto di gelosia per questa meravigliosa natura, che vive tutte le stagioni, le intercambia di mese in mese. Dal freddo quasi polare al caldo torrido, muore e rinasce in pochissimo tempo. Mi rivolgo al mio compagno proseguendo il filo dei miei pensieri, a voce alta, ma non li capisce. Vorrei essere un fiore, i primi virgulti primaverili, poi la fioritura e l'inevitabile declino. L'inverno che protegge le radici e aspetta. E di nuovo lo scoppiettio della primavera. Il virgulto che si erge di nuovo a vita. Lo guardo, guardo il mio uomo e dico che siamo all'autunno della vita e ho paura che l'inverno non mi protegga. Lui sorride, mi guarda con tenerezza e sussurra che mi proteggerà sempre da qualsiasi rigore dell'inverno, da qualsiasi temperatura estiva. Sorrido, non ha capito.
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